Quel che manca a quasi tutti i nostri politici: capacità di riflessione, di comunicazione, di mediazione

Pubblicato il da basta-con-i-tagli-alle-pensioni

La capacità di riflettere approfonditamente prima di intraprendere una qualsiasi azione e quella di identificare punti di convergenza anziché punti di scontro non sembrano appartenere al bagaglio culturale della nostra classe politica e, purtroppo, neppure  a molti opinionisti i quali, nell'era della comunicazione in un click hanno l'enorme responsabilità che deriva dalla possibilità di raggiungere milioni  di cittadini in un attimo, influenzando la loro visione del mondo.

 

Mi riferisco al problema delle pensioni di anzianità e al martellamento continuo che viene fatto nella direzione di una loro eliminazione.

 

Non voglio entrare qui ulteriormente nell'analisi della effettiva necessità e eticità di questa riforma perché ritengo di averlo già fatto molto approfonditamente in altri articoli, vorrei invece entrare nel merito delle modalità utilizzate nell'approcciare il problema da parte appunto delle categorie citate.

 

I contorni del problema sembrano essere chiari a tutti, ma vale la pena di ricapitolare i punti fondamentali:

 
  1. L'INPS non ha un deficit derivante dalla gestione dei lavoratori dipendenti.
  2. Le pensioni di anzianità, con i 40 anni di contributi oppure anticipate, con le quote, vengono accedute a stragrande maggioranza dai lavoratori dipendenti.
  3. Il sistema pensionistico che le comprende è, per plurime affermazioni da fonti autorevoli,  stabile nel presente, così come nel medio e nel lungo termine.
  4. I lavoratori che accedono ai pensionamenti anticipati lo fanno usualmente perché non possono, per motivi vari, arrivare ai 40 anni di contribuzione, che sono quelli che garantiscono il massimo della pensione.
  5. La spesa pensionistica dello Stato viene considerata comunque elevata e vista come una possibile fonte di risparmi a sanamento dei conti pubblici.
 

Bene, fissati questi punti di partenza ci si aspetterebbe, prima che fosse espressa una qualsiasi opinione o, peggio, che fosse intrapresa una qualsiasi azione, che venissero effettuati alcuni passaggi logici; ad esempio:

 
  1. Poiché la grandissima maggioranza delle pensioni di anzianità è di pertinenza del fondo lavoratori dipendenti, riformare le pensioni di anzianità significa di fatto riformare quasi unicamente le pensioni dei lavoratori dipendenti. 
  2. Se il fondo dei lavoratori dipendenti è in attivo, come è, ciò significa che le entrate, anno per anno, superano le uscite e pertanto l'INPS da questo fondo ha un ricavo e non un costo. Pertanto se si vuole mettere mano alle pensioni dei lavoratori dipendenti occorre sapere e dire che lo si fa non per eliminare delle perdite, bensì per aumentare gli attivi dell'Ente in questo settore.
  3. Ammettendo che questa operazione venisse fatta, le plusvalenze generate nel fondo lavoratori dipendenti dell'INPS potrebbero essere destinate a riserva del fondo stesso per coprire pensioni future, ma ciò non andrebbe nella voluta direzione di risanare nell'immediato i conti dello stato, oppure utilizzate per diminuire i trasferimenti che ogni anno lo stato fa all'INPS a copertura delle altre pensioni. Ciò costituirebbe di fatto una riduzione dei costi dello stato ed è senz'altro quello che verrebbe fatto. Quindi la seconda conclusione a cui si può arrivare è che la riforma delle pensioni di anzianità andrebbe, con i relativi contributi in questo comparto, a coprire parte delle spese assistenziali attualmente sostenute dallo stato.
  4. Appurato che le risorse generate dalla riforma delle pensioni dei lavoratori dipendenti andrebbero a ridurre le uscite dello stato in un settore completamente diverso, si deve poi concludere che non sarebbero utilizzate in alcun modo per migliorare le pensioni future dei giovani, cosa che invece accadrebbe se le risorse risparmiate venissero accantonate in un fundo con questo scopo, ma, come detto al punto sopra ciò non è quello che servirebbe a migliorare il bilancio 2012 o 2013. Quindi è bene sottolineare ulteriormente che la riforma delle pensioni di oggi non influenzerebbe in alcun modo le pensioni del futuro.
 

Fin qui con la pura analisi dei dati e dei fatti, senza necessità di particolari capacità raziocinanti. Ci si aspetterebbe quindi da una classe politica dotata di normali capacità logiche che utilizzasse i media, che sembrano ben disposti a passare i messaggi richiesti in questo campo, per trasmettere i seguenti messaggi alla popolazione:

 
  1. Abbiamo più volte riformato il sistema pensionistico dei lavoratori dipendenti ed esso, senza ancora che siano a regime tutti i benefici delle riforme fatte, è ormai stabile e lo sarà anche in futuro.
  2. Ci sono però altre forme pensionistiche, a natura assistenziale, che necessitano di essere erogate per motivi sociali e per le quali lo stato spende miliardi di euro ogni anno.
  3. Allo scopo di ridurre i costi dello stato in un  periodo economico difficile proponiamo di riformare le modalità di accesso alla pensione dei lavoratori dipendenti, allo scopo di generare risorse da utilizzare per le pensioni assistenziali in luogo delle erogazioni che lo stato fa ogni anno.
 

Messaggi di questo genere potrebbero essere accolti con più o meno favore da parte dei lavoratori dipendenti (probabilmente sarebbero accolti comunque sfavorevolmente) ma almeno non se ne potrebbe contestare la razionalità né  la sincerità.

 

Una classe politica che avesse questo approccio dimostrerebbe quanto meno di avere  la capacità di riflessione di cui parlavo all'inizio.

 

Venendo alla capacità di cercare punti di convergenza anziché di scontro, una volta comunicato il messaggio di cui sopra, occorrerebbe cercare delle soluzioni condivisibili e non andare allo scontro tentando di imporre delle misure restrittive.

Quindi occorrerebbe trovare delle forme incentivanti che facilitino la decisione dei lavoratori di posticipare la loro uscita dal mondo del lavoro. Secondo me ci sono almeno due modi diversi; il primo, che ho già proposto altrove, è quello di erogare in busta paga a coloro che avendo diritto alla pensione decidono di posticipare l'uscita, tutto il monte contributivo che verrebbe normalmente dato all'INPS, congelando però alla data di maturazione dei requisiti della domanda, il calcolo della pensione. I lavoratori con 40 anni di contribuzione, già raggiunto il massimo del valore della stessa potrebbero avere 1, 2 anni con una retribuzione lorda innalzata del 33%; i lavoratori con meno anni di contribuzione potrebbero optare, dove possano, tra l'uscita immediata (lo farebbero probabilmente quelli che non hanno alternative, gli estromessi dal mondo del lavoro o coloro che hanno problemi di salute) oppure la continuazione del lavoro in regime normale e cioè cumulando altra anzianità fino a raggiungere il massimo della pensione, oppure la continuazione a "pensione congelata" ma con un lordo del 33% più alto. Avrei una ferma convinzione che chi può opterebbe quasi certamente per la continuazione del lavoro. Ai fini INPS, che nel 2010 ha liquidato 174.000 nuove pensioni di anzianità il risparmio sarebbe notevole; ipotizzando una adesione del 50% dei lavoratori e una pensione media di 15.000/anno, l'INPS eviterebbe di erogare circa 1 miliardo e trecento milioni di euro all'anno in nuove pensioni.

 

La proposta alternativa, sempre incentivante, potrebbe essere quella di eliminare il tetto della pensione aall'80 % delle retribuzione media degli ultimi dieci anni e consentire a chi eccede i 40 anni di contributi di incrementare la pensione al ritmo del 2% all'anno.

In questo caso il risparmio per l'INPS sarebbe inferiore in quanto a fronte di ogni anno di pensione non erogata dovrebbe prepararsi a liquidare una pensione più alta del 2%. Con una aspettativa di vita di 80 anni, una uscita ipotetica a 61 anni, il risparmio di ogni anno verrebbe restituito nella misura del 2% degli ultimi stipendi per 19 anni e quindi circa il 47%della annualità di pensione risparmiata.

Questa possibilità interesserebbe solo i lavoratori con 40 anni di contributi; ipotizzando che siano la maggioranza dei 174.000 usciti per anzianità nel 2010, diciamo l'80% e che di nuovo circa il 50% di essi aderisse, il risparmio nel 2012 potrebbe essere di circa 1 miliardo di euro, a cui andrebbero però cumulati anche i circa 515 milioni di euro di entrate contributive che quei lavoratori e i loro datori di lavoro continuerebbero a versare, per un totale di circa un miliardo e mezzo.

Le maggiori uscite a cui l'INPS dovrebbe prepararsi negli anni futurivsarebbero invece il 47% del miliardo di euro di pensioni non erogate. Il saldo positivo totale sarebbe di circa un miliardo di euro. Credo che anche questo tipo di proposta avrebbe buone possibilità di essere accolta dai lavoratorie potrebbe essere abbinata alla precedente, generando una gamma di possibilità flessibili e senza costrizioni.

 

Ovviamente nessuna delle due proposte potrebbe essere utilizzata dai lavoratori in uscita dalla mobilità o in regime di contribuzione volontaria perché disoccupati, ma queste categorie dovrebbero comunque ragionevolmente essere protette anche nell'ambito di riforme imposte.

 

Non comprendo perché non sia possibile ricevere dai nostri politici e dai media analisi chiare e sincere e proposte che ci invoglino a partecipare anziché minacce che ci spingono a reagire.

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M
<br /> Anche i seguenti dati non ce li hanno mai detti i nostri Media, li ho estratti da un blog:<br /> http://www.dazebaonews.it/tutte-le-notizie/item/6318-pensioni-di-anzianita-il-finto-allarme-di-governo-e-confindustria<br /> ROMA - La pensione di anzianità esiste in mezza Europa. Smettiamola di farci prendere in giro. C’è qualcosa che non quadra in questo accanimento chirurgico contro le pensioni italiane. A cominciare<br /> da quello che la politica nazionale spaccia per verità indiscussa ed indiscutibile e la stampa accredita come tale, le presunte anomalie solo italiane, quelle distorsioni che esisterebbero solo in<br /> Italia e contribuirebbero a far andare troppo presto i lavoratori in pensione.<br /> Il punto più noto e che anche recentemente è finito sotto i riflettori è la famigerata e tanto vituperata pensione di anzianità.<br /> In Italia attualmente si accede alla pensione di anzianità con 36 anni di contributi e 60 o 61 anni di età, a seconda se si è lavoratori dipendenti o autonomi, oppure con 40 anni di contribuzione<br /> ed indipendentemente dall’età, oppure, per dirla come direbbe un qualsiasi industriale figlio di industriali o politico nominato da una oscura segreteria, poco dopo i 50 anni e con appena 40 anni<br /> di lavoro.<br /> Ma c’è un quesito importante da sollevare.<br /> <br /> <br /> La pensione di anzianità esiste solo in Italia?<br /> E qui basterebbe usare un po’ di fantasia, la tanto vituperata pensione di anzianità, questa vergogna solo italica, invece di eliminarla potremmo cambiarle nome. E battezzarla Pensione di vecchiaia<br /> anticipata, Early retirement pension o anche Pension de vieillesse anticipée. Già perché la Pensione di anzianità con questo nome (Pension de vieillesse anticipée) è garantita ad esempio ai<br /> contribuenti lussemburghesi che possono accedervi “A partir de l'âge de 57 ans: à condition de justifier 480 mois d'assurance effective..” Ovvero dai 57 anni di età a condizione che si posseggano<br /> 480 mesi di contribuzione effettiva. Quindi non 40 anni come in Italia ma ben 480 mesi e lasciamo sullo sfondo il fatto che 40 anni sono composti da esattamente 480 mesi.<br /> In Belgio invece si può accedere ad una pensione di anzianità anzi ad una Pensione anticipata, visto che la parola anzianità in Europa non si può dire in pubblico, a partire dall’età di 60 anni per<br /> uomini e donne e con appena 35 anni di attività alle spalle.<br /> In Portogallo possono accedere a pensione gli assicurati che abbiano 55 anni di età e 30 di contributi.<br /> In Slovenia è prevista la possibilità che si possa accedere al pensionamento anticipato con 58 anni di età sempre che la persona assicurata abbia 40 anni di contribuzione se di sesso maschile e 38<br /> se di sesso femminile.<br /> In molti paesi europei poi, come ad esempio in Germania, si proprio quella Germania, pur non esistendo istituti assimilabili alle pensioni di anzianità esistono però dei meccanismi di accesso<br /> anticipato alla pensione di vecchiaia che alle pensioni di anzianità assomigliano parecchio.<br /> A questo punto si possono riconoscere le obiezioni principali ad un discorso del genere, vediamole.<br /> In Germania esiste la pensione di vecchiaia anticipata che non è proprio identica alla pensione di anzianità, è vero cambia infatti il nome, ma oltre al nome cambia veramente poco.<br /> Il Lussemburgo è una piccola realtà e non impatta sugli equilibri europei, una cosa che in Europa esiste solo in Lussemburgo è come se non esistesse da nessuna parte, forse è vero ma non credo che<br /> si possa dire che una cosa che esiste solo in Lussemburgo, Belgio, Portogallo e Slovenia non esiste da nessuna parte in Europa.<br /> Ci sarebbe poi da vedere come vanno le cose in Francia sia perché è una delle maggiori economie d’Europa, sia perché è uno dei paesi che più si è dilettato a puntare il dito contro i nostri conti<br /> pubblici e sia perché è uno dei Paesi più utilizzato come alibi dal nostro Governo per giustificare ogni taglio, “non siamo noi che vi vogliamo tagliare le pensioni ma avete visto come ci tratta<br /> Sarkò?”<br /> E noi siamo qui apposta.<br /> Ovviamente anche in Francia esiste un istituto che è del tutto paragonabile alle pensioni di anzianità, ed è la serie di norme che prevede per i lavoratori precoci la possibilità di accedere a<br /> pensione ad età comprese tra i 56 ed i 60 di età ma non come noi, dopo appena 40 anni di servizio, i francesi sono veramente dei gran fighi e pretendono addirittura 160 trimestri di servizio e per<br /> i nati dopo il 1952 164 trimestri, periodo, ça va sans dire, pari ad esattamente 40 anni e per i nati dopo il 1952 41 anni.<br /> <br /> <br />
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B
<br /> <br /> Si, l'informazione in Italia è tendenziosa.<br /> <br /> <br /> <br />
A
<br /> Io ho parlato proprio con l'INPS. Senza il ripristino della legge del 2004 e soppressa nel 2007 , che dava la CERTIFICAZIONE , una persona che ha raggiunto i requisiti per il DIRITTO , anche il<br /> giorno prima dell'apertura della finestra ( cioe' un giorno prima dei 13 mesi ), se le regole cambiano perde il DIRITTO.<br /> Per questo auspico che qualcuno spinga per avere la salvaguardia del diritto,visto il lungo periodo della finestra.<br /> Saluti<br /> <br /> <br />
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M
<br /> Ho trovato interessante la lettera seguente che Taglio/incollo dal Manifesto:<br /> LETTERA APERTA ALL'INPS SULLE PENSIONI ITALIANE<br /> <br /> di Luciano Gallino<br /> <br /> <br /> Signori Presidenti del Consiglio d´Amministrazione e del Consiglio di Indirizzo e Vigilanza dell´Inps, abbiamo bisogno di lumi.<br /> <br /> Siamo un gruppo di persone i cui figli e nipoti sono preoccupati perché temono che a suo tempo non avranno più una pensione, o almeno una pensione decente. Alla base delle loro preoccupazioni v´è<br /> un´idea fissa: che il bilancio dell´Inps sia un disastro, o ci sia vicino. L´hanno interiorizzata sentendo quanto affermano ogni giorno politici, economisti ed esperti di previdenza, associazioni<br /> imprenditoriali, esponenti della Commissione europea. Non tutti costoro, è vero, menzionano esplicitamente l´Inps. Ma tutti sostengono che le uscite dovute al pagamento delle pensioni risultano<br /> talmente superiori alle entrate da rappresentare una minaccia devastante per i conti dello Stato. Che tale deficit peggiorerà di sicuro nei decenni a venire, poiché pensionati sempre più vecchi<br /> riscuotono la pensione più a lungo, mentre diminuisce il numero di lavoratori attivi che pagano i contributi.<br /> Che allo scopo di ridurre il monte delle pensioni erogate in futuro bisogna allungare al più presto l´età pensionabile e abbassare i coefficienti che trasformano il salario in pensione. Dal<br /> complesso di tali affermazioni pare evidente che chi parla ha in mente anzitutto l´istituto che eroga quasi il 75 per cento, in valore, di tutte le pensioni italiane. Cioè l´Inps. E il suo<br /> bilancio.<br /> <br /> Pressati dai nostri giovani - quasi tutti lavoratori dipendenti o prossimi a diventarlo – che ci domandano dove stia l´insostenibile pesantezza del deficit della previdenza pubblica che minaccia il<br /> loro futuro, abbiamo passato qualche sera, in gruppo, a scorrere il bilancio preventivo 2007 dell´Inps. Tomo I, pagine 933. E ora abbiamo un problema. Perché non siamo riusciti a comprendere da<br /> dove provenga la necessità categorica di elevare subito l´età pensionabile, e di abbassare l´entità delle future pensioni, pena il crollo della solidarietà tra le generazioni e altre<br /> catastrofi.<br /> <br /> Quel poco che noi, genitori e nonni inesperti, crediamo d´aver capito lo possiamo riassumere così:<br /> <br /> a) Lo Stato trasferirà dal proprio bilancio a quello dell´Inps, nel 2007, 72,3 miliardi di euro. Cifra enorme. Quasi 5 punti di Pil. Vista questa cifra (a pag. 90), ci siamo detti: ecco dove sta la<br /> voragine che minaccia di ingoiare le pensioni dei nostri figli e nipoti. Poi qualcuno ha notato che il titolo della pagina riguarda non il pagamento delle ordinarie pensioni, bensì gli oneri non<br /> previdenziali. I quali ammonteranno a 74,2 miliardi in tutto, coperti dallo Stato per la cifra che s´è detto e per 1,9 miliardi da altre entrate. Gli oneri non previdenziali sono per quasi la metà<br /> uscite che, per definizione, non presuppongono nessuna entrata in forma di contributi. Si tratta di interventi per il mantenimento del salario (2,5 miliardi); oneri a sostegno della famiglia (2,7<br /> miliardi); assegni e indennità agli invalidi civili (13,5 miliardi); sgravi dagli oneri sociali e altre agevolazioni (12,7 miliardi). Sono tutti oneri sacrosanti, che lo Stato ha il dovere di<br /> sostenere. Ha quindi chiesto all´Inps di gestirli, cosa che dal 1988 l´Istituto fa con una cassa separata, la Gestione degli interventi assistenziali (Gias). Però chi prende il totale di questi<br /> oneri per sostenere che la normale previdenza costa ai contribuenti oltre 70 miliardi l´anno, per cui è necessario tagliare qui e ora le pensioni ordinarie, forse ha esaminato un po´ troppo alla<br /> svelta i bilanci dell´Inps. O, nel caso del Bilancio preventivo 2007, si è fermato a pag. 89.<br /> <br /> b) Poiché quasi tutti i nostri giovani sono o saranno lavoratori dipendenti, siamo andati a cercare nel Bilancio quale rapporto esista tra le entrate del Fondo pensioni lavoratori dipendenti (Fpld)<br /> in forma di contributi, e le uscite in forma di pensioni.<br /> Anche qui, sulle prime, credevamo d´aver letto male. Il Fpld in senso stretto avrà un avanzo di esercizio, nel 2007, di quasi 3,5 miliardi (pag. 219). In altre parole i contributi che entrano<br /> superano di 3,5 miliardi le pensioni che escono. Ma poiché ad esso sono stati accollati, con gli anni, degli ex Fondi che generano rilevanti disavanzi (trasporti, elettrici, telefonici, più<br /> l´Inpdai, l´ex Fondo dirigenti di azienda che quest´anno sarà in rosso per 2,8 miliardi) il Fpld farà segnare un passivo di 2,9 miliardi di euro.<br /> Il bilancio Inps definisce appropriatamente "singolare" il caso del Fpld (pag. 162). In effetti esso appare ancor più singolare ove si consideri che il passivo degli ex Fondi, per un totale di 6,3<br /> miliardi, è generato da poche centinaia di migliaia di pensioni. Per contro le pensioni del Fpld sono 9 milioni e 600.000, ben il 96 per cento del totale. Tuttavia sono proprio anzitutto queste<br /> ultime di cui la riforma delle pensioni vorrebbe ridurre l´entità, in base all´assunto che i lavoratori attivi non ce la fanno più ad alimentare un monte contributi sufficiente a pagare le pensioni<br /> di oggi e di domani.<br /> <br /> Vi sono in verità altri temi, connessi al bilancio Inps, che nel nostro gruppo inter-generazionale di discussione han fatto emergere dei dubbi.<br /> Ad esempio: le pensioni di domani, indicano i grafici su cui siamo capitati, sarebbero a rischio perché senza interventi drastici sul monte pensioni esse arriveranno verso il 2040 a superare il 16<br /> per cento del Pil, in tal modo generando un onere intollerabile per il bilancio dello Stato.<br /> Però a noi risulta che il totale delle pensioni pubbliche, erogate dall´Inps e da altri enti, al netto delle gestioni o spese assistenziali in senso stretto (le citate Gias) rappresentavano nel<br /> 2005, ultimo anno per cui si hanno dati consolidati, l´11,7 per cento del Pil. Le Gias valevano da sole oltre 2 punti di Pil, pari a 30,1 miliardi. Le gestioni previdenziali dell´Inps incideranno<br /> sul Pil del 2007 per il 9,7 per cento, ma se si escludono il Fondo Ferrovie e l´ex Inpdai arriveranno appena al 7,4 per cento (pag. 61).<br /> <br /> A noi sembra quindi che chi disegna o brandisce scenari catastrofici per il 2040 (il 2040!) lasci fuori dal disegno un po´ tanti elementi. Tra di essi: il peso economico delle gestioni<br /> assistenziali (di cui una legge del 1988, la n. 67, dava già per scontata la separazione dalla previdenza); il fatto che i contribuenti, quelli che pagano i contributi, non stanno affatto<br /> diminuendo, bensì aumentano regolarmente da diversi anni (più 121.000 nel solo 2007: pag. 45); il peso rilevante dei deficit che non riguardano il Fondo dei lavoratori dipendenti in senso stretto;<br /> il fatto, ancora, che prendere come un assioma il rapporto pensioni/Pil significa voler misurare qualcosa con un elastico, visto che il rapporto stesso può cambiare di molto a seconda che il Pil<br /> vada bene o vada male. Com´è avvenuto tra il 2001 e il 2005.<br /> <br /> Riassumendo: delle due l´una. O noi inesperti dei bilanci Inps abbiamo capito ben poco, e i nostri figli e nipoti han ragione di temere per le loro future pensioni ove non si decida subito di<br /> tagliarne il futuro ammontare. Se questo è il caso, restiamo in trepida attesa delle Loro precisazioni.<br /> Oppure dobbiamo concludere che quando, nelle più diverse sedi, si dipinge di nero il futuro pensionistico dei nostri giovani, si finisce per utilizzare i dati Inps, come dire, con una certa<br /> disinvoltura.<br /> <br /> Su questo, naturalmente, non ci permettiamo di chiedere un parere all´Inps 27-10-2011 05:45 - nonnoFranco<br /> <br /> <br />
Rispondi
B
<br /> <br /> Beh, questi sono gli effetti della disinformazione di ci parlavo. Hanno letto benissimo i bilanci dell'INPS e i 72 miliardi trasferiti dallo stato sono a copertura delle pensioni assistenziali e<br /> non di quelle dei lavoratori dipendnenti, il cui fondo è attivo.<br /> <br /> <br /> <br />
A
<br /> Anch'io mi unisco come sempre all'apprezzamento per il suo impegno.<br /> Ora che sembra che la tempesta sia passata, vorrei che qualcuno si ponesse il problema della CERTFICAZIONE del DIRITTO ACQUISITO con la quota ,visto che la finestra sara' nel 2012 di 13 mesi.<br /> Dobbiamo tutti lavorare ( specie noi classe 52 ) perche' 'si possa da disoccupati continuare a fare sacrifici versando contributi volontari , ma pero' con la certezza che nessuno possa piuì toccare<br /> i nostri Diritti Acquisiti ( come nel 2004_2007<br /> Saluti<br /> <br /> <br />
Rispondi
B
<br /> <br /> Non sono certo di comprendere bene; intende che una volta fatta domanda di pensione, al momento opportuno e accettata dall'INPS in quanto ci saranno i requisiti vorrebbe avere una dichiarazione<br /> dall'INPS che conferma che il diritto è acquisito? Se questa è la domanda, ritengo che dovrebbe bastare l'accettazione INPS.<br /> <br /> <br /> Ciò non toglie, che avendo visto proposte (eretiche) come quella di Mucchetti, di sospendere per un paio di anni le uscite anche per i diritti acquisiti, non ci sarebbe difesa.<br /> <br /> <br /> <br />
M
<br /> Forse dico forse chi matura i 40 anni o gli scalini nel 2012 riesce a salvarsi (magari aspettando il 2013 per la finestra ) e forse grazie alla Lega (sic!) Rosy Bindi; Casini, Rutelli sono tutti<br /> favorevoli "all'allungamento del periodo lavorativo " testuali parole: mi viene qualunquisticamente da pensare: perchè non hanno mai lavorato. Stamattina su Rai 1 c'era un economista /Tal Vaciago -<br /> ma dove li trovano - che faceva il solito ragionamento sulla necessità di abolire le pensioni di anzianità e aggiungeva una chicca : dobbiamo lavorare tutti più a lungo e di più per competere con<br /> paesi in cui si lavora 18 ore al giorno.....ora mi sembra il mondo alla rovescia : non sono i paesi "emergenti" che dovrebbero migliorare le condizioni di sfruttamento dei lavoratori ma siamo noi<br /> che dobbiamo tornare al 1800 !! Mi sembra che tutto il discorso dalle pensioni all'organizzazione del lavoro sia improntato alla logica di un NEOcapitalismo sempre più bieco che toglie diritti ai<br /> lavoratori per trasferire risorse alla finanza, nemmeno agli investimenti produttivi : il problema è che ste cose nessuno le dice tranne l'urlante Di Pietro o il fascinoso Vendola o la fortemente<br /> minoritaria Camusso ed è con tutto il rispetto per i citati un pò poco : mi chiedo come fare a far passare alla "gente comune, maggioranza silenziosa che vota" questi messaggi demistificanti la<br /> realtà delle cose : grandi giornali e TV sono omologate la pensiero unico , i grandi partiti anche, internet è ancora roba per pochi ... CHE FARE ? Complimenti per il suo impegno nel Blog<br /> <br /> <br />
Rispondi
B
<br /> <br /> La finestra di 13 mesi è cosa fatta, purtroppo.<br /> <br /> <br /> Sono daqccordo, abbiamo economisti e politici che parlano spesso di cpse che non conoscono; questo è gravissimo.<br /> <br /> <br /> <br />